Roberto D’Avascio, presidente di Arci Movie e membro del Cda del teatro Mercadante, ci offre degli interessanti spunti di riflessione sul dopo crisi.
Come sta affrontando Arci Movie questo momento e quali iniziative ha messo in campo?
Arci Movie ha sospeso la propria attività, le rassegne di cinema, gli incontri, i laboratori, l’Educativa Territoriale, ma la nostra quotidianità di gestione amministrativa va avanti lavorando a distanza. Ci sono progetti importati in corso, per esempio EduCare, che dobbiamo salvaguardare, sperando che questa tempesta di contagio si esaurisca il più presto possibile. Avremmo voluto lavorare alla preparazione dei festeggiamenti per il 30 anni di attività, il nostro compleanno è il prossimo 6 novembre, o alle prossime arene estive, ed invece in questa fase critica stiamo provando a tenere viva la presenza della nostra associazione attraverso la rete e la nostra pagina Facebook, con la pubblicazione di documenti video della nostra storia recente. Dopo l’intervento al cinema Pierrot di Francesco di Leva dello scorso gennaio, pubblicheremo a puntate delle lezioni di cinema che il grande documentarista Fred Wiseman ha tenuto a Napoli nel 2015 a Napoli, ospite di Arci Movie.
Ci parla dell’iniziativa del Mercadante, che sta pubblicando in rete suoi spettacoli?
In un momento nel quale i teatri stanno provando a essere vivi rispetto al proprio pubblico, Il Teatro Mercadante di Napoli è stato il primo, e fino a questo momento l’unico teatro nazionale, a pubblicare in rete non già trailer teatrali o letture di attori da casa, ma spettacoli integrali dal proprio archivio. Parliamo di opere importanti, come ‘Nzularchia di Mimmo Borrelli, Mal’essere di Davide Iodice o Elettra di Andrea De Rosa. Si tratta di una scelta coraggiosa e innovativa. È chiaro che tutto questo non può sostituire in alcun modo la magia della sala, il mistero che la performance di uno spettacolo sa provocare nello sguardo e nell’animo del pubblico, ma costituisce una modalità molto positiva per tenere viva una memoria storica della scena e un legame con la curiosità del pubblico.
Quanto sta incidendo la crisi sul comparto della cultura e dello spettacolo?
Moltissimo. Di fatto è in corso una tragedia: set televisivi e cinematografici bloccati, produzioni teatrali annullate, festival posticipati. E all’orizzonte nessuna prospettiva per far ripartire le attività. Solo nel mondo Arci i danni sono stati molto pesanti.
Ma tutta questa attività a domicilio potrà portare a dei cambiamenti radicali domani?
Credo che questa auto-reclusione a cui ci ha costretto questo contagio abbia degli effetti positivi da prendere in considerazione e dei risvolti negativi da non sottovalutare. Sicuramente stiamo prendendo maggiore confidenza con tutta una serie di apparati tecnologici e applicazioni, che stiamo usando per necessità e che scopriamo molto utili. Tuttavia, credo che la nostra società reclusa stia vivendo in diretta e consapevolmente un esperimento di antropologia sociale, dal quale uscirà profondamente cambiata in termini di relazione tra le persone.
Finita la pandemia non si recupererà una normalità, fatta nuovamente di vita sociale e culturale?
Credo che questa fase, di forte paura, inciderà fortemente sulla successiva e non è scontato che le sale di cinema e di teatro si riempiranno subito nuovamente. Bisognerà rieducare il pubblico ad una nuova grammatica sociale, e all’importanza della cultura dal vivo. Riaffermare che la conoscenza parte dalle relazioni tra le persone, da una socialità diffusa.
Come sta trascorrendo queste giornate?
A casa con la mia famiglia. Lavorando a distanza, studiando, scrivendo, provando a recuperare quelle letture mancate, come la grande letteratura russa dell’Ottocento, o quelle visioni tante volte rimandate, come l’intera cinematografia di Alfred Hitchcock.