Arte chiama arte. A Napoli un momento di alto spessore artistico vede coesistere la mostra di Bill Viola, artista di fama internazionale, e la riapertura di una chiesa, quella di Carminiello a Toledo che ospita la mostra curata da VanitasClub e Bill Vila Studio in collaborazione con Asso.Gio.Ca. e, fortemente voluta e promossa, dall’Arciconfraternita della Congregazione dei 63 Sacerdoti.
La chiesa è situata a via Carlo De Cesare ed è uno scrigno prezioso voluto nel Seicento dalla nobildonna spagnola Isabella d’Alarçon per accogliere giovani compatriote convertitesi al cattolicesimo. La chiesa possiede un pavimento maiolicato opera di Giuseppe e Donato Massa, noti per avere realizzato il pavimento del chiostro di Santa Chiara.
Da oggi in questo scrigno di bellezza (dal mercoledì alla domenica fino all’8 gennaio) è possibile visitare “Bill Viola – Ritorno alla Vita” una esposizione pensata dall’artista proprio per il luogo che molto bene si presta, nelle sue cappelle e nella parte absidale, ad accogliere le 5 intense opere: Earth Martyr, Air Martyr, Fire Martyr e Water Martyr (tutte 2014), derivate dall’installazione video permanente su larga scala Martyrs (Earth, Air, Fire, Water), inaugurata nella Cattedrale di St. Paul a Londra, nel maggio del 2014, e Three Women (2008), parte della serie Trasfigurazioni, dedicate alla riflessione sul passare del tempo e sul processo attraverso il quale si trasforma l’interiorità di una persona.
Bill Viola è stato determinante nell’affermazione del video come forma vitale di arte contemporanea e, così facendo, ha contribuito ad ampliarne notevolmente la portata in termini di tecnologia, contenuto e storia. Le installazioni video di Viola, ambienti totali che avvolgono lo spettatore in immagini e suoni, utilizzano tecnologie all’avanguardia e si distinguono per la loro precisione e semplicità.
Viola utilizza il video per esplorare i fenomeni della percezione sensoriale come via per la conoscenza di sé. Le sue opere si concentrano sulle esperienze umane universali – nascita, morte, lo sviluppo della coscienza – e hanno radici sia nell’arte orientale che in quella occidentale.
Entrando nella chiesa napoletana si viene subito catturati da Three Women che imprigiona il visitatore anche per il bel posto centrale che occupa; in essa, in un ambiente grigio e tetro, una madre e le sue figlie si avvicinano ad un confine invisibile. Passano attraverso un muro d’acqua alla soglia tra la vita e la morte e si muovono verso la luce, trasformandosi in esseri viventi di carne e sangue, Quando giunge il tempo per tornare indietro la madre si gira verso il buio e così faranno le figlie dando un ultimo sguardo verso la luce; gli spettatori restano imbrigliati in una rete immaginaria, così reale che sembra quasi di toccare le donne. Una meraviglia per tecnica, per emozioni, di una vitalità incredibile.
Le quattro opere che fanno parte di Martyrs, che portano ad un confronto con i martiri di Caravaggio, invitano ad una riflessione sul senso della aprila martire che in origine significava ‘testimone’. Siamo noi i testimoni moderni della sofferenza altrui chiamati a reagire alle nostre vite moderne di inazione.
Di certo l’unicità di Viola risiede nella capacità di realizzare opere che comunicano ad un vasto pubblico, consentendo agli spettatori di vivere l’opera direttamente ed in modo personale.
All’inaugurazione si percepiva un clima di grande emozione scaturita dalla forza delle opere di Viola e dall’energia profusa dagli organizzatori e da tutti i collaboratori che hanno regalato due perle alla città.