Un disco come questo mi fa sempre pensare a concetti di evoluzione. Quanto fascino storico dietro la trasformazione che c’è nelle abitudini e nelle normalità. Così il suono che il duo formato da Biagio Di Gesaro e Alessandra Macellaro La Franca – ovvero i VORIANOVA – mettono in scena. Un ricamo senza tempo perché dal passato di certi modi si rivolgono al futuro di certe macchine. Non vogliono sentirti fuori dal progresso ma non si rifiutano neanche di voltare le spalle al passato. “Tempi scueti” è un disco di innovazione ma anche di grande tradizione pop italiana.
La territorialità si nutre di tradizioni di modi e di costumi. Voi in qualche modo la contaminate di “internazionalità” mescolandola al resto. Nasce un inevitabile scontro con i puristi. Come la vedete e come vi rapportate a questo tema?
La band Vorianova si è formata con l’obiettivo di proteggere l’identità e il dialetto di un paese, Isnello, che, assieme a tanti altri, assiste ad uno spopolamento lento e continuo. La difesa delle radici e delle tradizioni, è portata avanti attraverso una nuova idea di musica dialettale. La caratteristica del nostro nuovo lavoro discografico realizzato assieme al music producer Leonardo Bruno, è infatti un mix di suoni che mette insieme la canzone d’autore italiana, l’elettronica, chitarre elettriche rock, echi di world progressive e anche un raffinato quartetto d’archi. Sin dagli esordi abbiamo fatto nostra una musica priva delle contaminazioni e delle influenze tradizionali e tuttavia densa della voglia di raccontare una Sicilia intrisa di colori e profumi mediterranei.
Dialetto e suono moderno sono per noi espressioni di una stessa identità. Non sono per nulla opposti, ma sono strumenti complementari per preservare la cultura e dialogare con le nuove generazioni. La lingua che utilizziamo è una lingua estremamente arcaica ma nello stesso viva, è una lingua che si nutre di modernità, che sopravvive ancora, nonostante tutto, ai tempi moderni. È necessario parlare la lingua dei giovani se vogliamo essere capiti e nello stesso tempo è un modo anche curioso di reinventarci ogni giorno, esplorando nuovi orizzonti sonori mai percorsi.
Restando sul tema, non trovate che le radici siano preziose proprio per come sono? Alterandole con il futuro e la cultura omologante di tutti non de-personalizzate le radici?
Da sempre proviamo a muoverci verso il futuro, facendo della tradizione le fondamenta sulle quali costruire mattone dopo mattone una nuova idea di musica dialettale. Nei giorni odierni assistiamo ad un interesse crescente, da parte del pubblico dei giovani, verso canzoni che mescolano dialetto con sonorità moderne. Il dialetto riflette il desiderio di riconnettersi con le proprie radici culturali e i suoni moderni, digitali, sono lo strumento per potersi riconoscere attuali in esse. “Tempi scueti” vuole proprio cercare una via di contatto con il pubblico giovane, tramandando al contempo il patrimonio linguistico della nostra terra, affinchè non venga dimenticato. La Sicilia per sua natura è una terra ricchissima di passato, tradizioni, contaminazioni. Ma il passato convive fortemente con il presente e il futuro: questi tre modi sono, per noi siciliani, facce di una stessa identità. Pensiamo che anche la musica siciliana debba riflettere questa posizione; non è solo vestendosi di antichità che la nostra musica può essere riconosciuta come autentica.
Parlando dunque di suono e di modi? Dove pensate di aver portato il passato?
“Tempi Scueti” non vuole essere un viaggio nella memoria nostalgica, ma un messaggio di speranza e rivoluzione per il futuro. Sosteniamo fortemente che il dialetto abbia bisogno di esprimersi attraverso una musica che possa veicolare meglio il messaggio che vogliamo mandare; le parole arcaiche contenute nella letteratura dei nostri testi parlano di un patrimonio linguistico che purtroppo si sta perdendo, sono pochi i giovani che conoscono terminologie ormai in disuso, si preferisce ormai parlare un dialetto più “italianizzato”, dunque più facile da capire. Questa difficoltà viene superata invece, secondo noi, da quella forza espressiva che scaturisce quando sono le note e le atmosfere musicali a rivestire e rafforzare il significato delle parole, rendendole così più comunicative. In questo cerchiamo sempre di essere, musicalmente parlando, il più possibile attuali, esplorando e ricercando sempre nuove forme musicali incisive ed efficaci.
Vi siete confrontati con le nuove generazioni? Cosa avete raccolto?
Il disco “Tempi scueti” vuole dialogare con le nuove generazioni e il suono digitale rappresenta per noi la contemporaneità attraverso la quale possiamo veicolare meglio le nostre idee e i nostri messaggi di denuncia sociale, restanza e pace. È ai giovani che rivolgiamo il nostro appello alla resilienza, è un atto d’amore verso i nostri territori spopolati e abbandonati, è una dedica a chi ha lottato per sradicare gli atteggiamenti mafiosi che ancora oggi sporcano, è un atto rivoluzionario per far capire che la diversità è ricchezza, che non esistono barriere e confini, per comprendere sempre di più la propria responsabilità verso la società di cui si fa parte. La nostra musica vuole farsi veicolo di questi messaggi e ai giovani vogliamo lanciare il nostro grido di denuncia, affinché possano combattere contro la mediocrità e capire invece il valore della conoscenza.
Anche dal punto di vista dei video: non proprio il futuro ma anche il passato… dove vi collochereste?
Esprimersi attraverso un video è sempre una sfida, da un lato hai la tentazione di eccedere anche lì nelle forme, nei linguaggi, dall’altro lato ti senti invece ancorato al tradizionale. Non a caso i videoclip di “Tempi scueti” e “Salina” usano un linguaggio più contemporaneo, un playback colorato da effetti visivi il primo, e l’altro in cui gli scenari siciliani sono stati manipolati da tinte irreali. Nel terzo videoclip, “L’invenzioni”, è invece la frenesia di immagini di nuove tecnologie miste a clip di quotidianità urbana che fa da padrone. A breve uscirà il videoclip dell’ultimo singolo estratto da questo lavoro discografico, nello specifico il brano “Dormi Samir”; qui abbiamo voluto regalare al pubblico un piccolo cortometraggio a cura del regista Damiano Impiccichè, ci sembrava il linguaggio più adatto per potere raccontare una storia così forte e importante. Il video è stato girato in Toscana, con la collaborazione del Comune di Signa, nello storico ex Dinamitificio “Nobel”. Non vediamo l’ora di farvi visionare questa storia toccante che merita di essere conosciuta da tutti.