Ha avuto bisogno di tornare nella sua Inghilterra Tinie Tempah per scrivere e produrre il suo secondo disco, Demonstration. Presentandolo alla stampa italiana ci ha detto: «Dopo che il primo album aveva avuto grande successo in America, ho fatto molto lavoro lì, perché è lì che l’hip hop ha un’attenzione maggiore e per me è stato un grande onore. Io sono cresciuto con lo stile rap americano, tutti i miei idoli erano di quel genere. Ma poi ho bisogno della mia gente, del mio ambiente per scrivere, creare, abbandonarmi alla creatività. Mi faceva strano essere a Los Angeles e ognuno che mi incontrava mi diceva ”It’s Awesome”. È tutto “awesome” lì, qualsiasi cosa tu faccia».
Una bella dimostrazione di umiltà visto che Tinie, a soli 25 anni è diventato uno dei più importanti artisti della sua generazione, non solo vincitore di premi importanti come i Brits, i MOBO e Ivor Novello, il suo album di debutto Disc- Overy del 2010 ha anche venduto oltre un milione di copie con il singolo Written In The Stars, suo secondo #1 in UK, e ha venduto oltre un milione di copie negli USA.
Come successo con il suo album di debutto multi-platino, Disc-Overy, il disco si esprime su molti livelli, visto che è stato partorito nello stesso studio di Greenwich dove aveva fatto i brani più “street” come Wifey e Tears. L’artista dice di aver rifatto più volte i 14 brani del lavoro, remixandoli e cambiando via via la produzione.
«Come succede abitualmente con il secondo album per ogni artista, dopo il successo inaspettato del primo senti un po’ di pressione nel voler dimostrare qualcosa. da qui il titolo del disco che però è anche qualcosa di più sottile. Volevo dimostrare che è possibile trovare una via europea all’hip hop, che è possibile suonare cose cool ed essere riconosciuti e riconoscibili anche in America. Infatti lì mi dicono che sono diverso dagli altri proprio per questa attitudine inglese». Un progetto che ha anche nell’aspetto visual una radice molto europea: «Solo vestiti di Dolce e Gabbana e Balenciaga ultimamente», precisa lui che è additato come uno dei migliori artisti maschili in patria in fatto di look. Anche se le sue scelte “esterofile” potrebbero creare un po’ di imbarazzo proprio a Buckingham Palace, visto che l’artista è stato scelto dal principe Carlo come ambasciatore del British Fashion Council. «Ma in Inghilterra c’è anche la celebrity culture che a volte può soffocarti e questa è una cosa che non mi va. Spero che il successo che sto avendo non mi impedisca di perdere il contatto della realtà. E in qualche modo è quello che mi stava capitando col disco precedente tanto che in Written in The Stars parlo di come è la musica che trionfa su tutto il resto. Deve rimanere un contorno, io non ho intrapreso questa carriera per farmi fotografare al ristorante». Verrebbe da dirgli che è l’altra faccia della popolarità: «Ma prima che possiate dire qualcosa io mi rifaccio ai Daft Punk. Sono numeri uno nel mondo, con una maschera fanno concerti bellissimi e poi quando si spengono le luci nessuno sa chi sono. Quello è il mio modello di celebrità».
Gli piacerà però un po’ apparire, girare il mondo, conoscere cose che senza il mestiere del musicista di successo non avrebbe potuto fare? «Sono molto coinvolto dal business della carriera, mi piace curare questo aspetto con il mio manager. E non credo che tutto questo si riversi negativamente nella creatività. Anzi, se ho la possibilità di fare esperienze nel mondo, è sempre un’ispirazione. Allo studio di registrazione però a volte è meglio rimanerci da solo in modo da non essere influenzati».
Nel disco, c’è anche il singolo Children Of The Sun, vede Tinie riunirsi con il produttore di Written In The Stars, Ishi. Con la voce di John Martin, reduce dal recente successo Don’t You Worry Child con gli Swedish House Mafia,. E poi Moshpit , la tanto attesa collaborazione di Tinie con Dizzee Rascal «l’artista con cui sognavo di collaborare visto che ne seguivo i passi da anni».. Paloma Faith canta su Lost Ones mentre Emeli Sandé collabora con Naughty Boy su A Heart Can Save The Wolrd. E nonostante tutta questa fola di collaborator sogna ancora «un duetto con James Blake ma anche recuperare la promessa di Adele e Chris Martin che volevano realizzare qualcosa con me ma alla fine non ce l’abbiamo fatta». Ma se dovesse indicare una stella nascente da suggerire al suo pubblico? «Sceglierei sicuramente Dom Kennedy, un artista che è ancora sconosciuto ma che è la colonna sonora della mia vita in questo momento. L’età della digital music è così, ognuno dice la sua e ci sono moltissime cose che escono e che vale la pena di seguire. Non credo ci saranno più fenomeni globali come Jay Z o Kayne West».