Con grinta, impegno e passione l’attrice Matilda De Angelis si è affermata nel mondo cinematografico. Il suo esordio nel 2016, nel film drammatico “Veloce come il vento” del regista Matteo Rovere al fianco di Stefano Accorsi, le ha permesso di ritirare il premio come miglior rivelazione al Taormina Film Fest e il Nastro D’Argento, Premio Biraghi. È stata apprezzata in TV nella serie “Tutto può succedere” in onda su Rai uno e al cinema nelle commedie “Il premio” di Alessandro Gassman, “Una vita spericolata” di Marco Ponti e nel film drammatico “Youtopia” diretto da Berardo Carboni. Per aver interpretato in maniera egregia il complicato ruolo di Matilde in “Youtopia” viene scelta dall’Istituto Luce come shooting star italiana al Festival di Berlino 2018. In occasione della 41esima edizione delle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento ha ricevuto la targa ANEC “Claudio Zanchi” come talento emergente.
Con il film Youtopia sei stata riconosciuta tra le giovani attrici come una delle rappresentanti del cinema italiano…
«Sì, sono veramente soddisfatta, con Youtopia ho capito di voler continuare a recitare. È il secondo film della mia vita dopo “Veloce come il vento”, le cui riprese mi hanno vista tuffarmi in un’esperienza nuova per me. Con “Youtopia” mi sono resa conto di aver voglia di fare un salto di maturità e consapevolezza».
In Youtopia interpreti Matilde una ragazza dalla doppia vita che per salvare ed aiutare la sua famiglia economicamente perde se stessa e i suoi valori. Come ti sei preparata ad interpretare questo ruolo particolarmente impegnativo?
«Mi sono calata all’interno di questo inferno matildiano. Ho trascorso tre settimane con una coach molto brava e severa, che insegna il metodo Strasberg, una tecnica che consiste nell’entrare nel personaggio, lavorando attraverso le memorie emotive e sensoriali. Da tutto quello che mi ha insegnato, ho preso quello che era giusto e necessario da usare nell’immediato, così sono diventata Matilde. Sicuramente mi sono informata sulla tematica affrontata nel film, la prostituzione online. Tante sono le ragazze alcune costrette, altre per scelta che si prostituiscono virtualmente, chi per pagarsi l’università, chi per mettere da parte dei soldi, chi perché costretta dal disagio economico in cui vive. È sorto, così, il dramma di Matilde, una ragazzina che fondamentalmente non si rende conto di quello che sta facendo. Mossa dall’urgenza di salvare la propria famiglia, si ritrova in un buco nero».
Sei stata la shooting star italiana al Festival di Berlino. Come hai trascorso quella settimana?
«Mi ha sconvolta, lì mi sono resa conto di quello che è il mondo del cinema. Ho trascorso una settimana di incontri con produttori e registi internazionali. Il Festival di Berlino mi ha dato l’opportunità di prendere parte a progetti cinematografici internazionali, due film in cui reciteró in inglese ed un film in italiano, il sogno di una vita che si realizza. Sono contenta è un momento felice e sono consapevole di quello che sto facendo».
Da giovanissima hai vinto una battaglia durissima, quella contro l’anoressia…
«Sì, quando ero adolescente ho attraversato un periodo in cui mi sono messa in discussione, mi ha fatto bene, mi ha portato a pensare e a capirmi, mi ha cambiata e non è stato un male».
Sei stata protagonista del film Una vita spericolata, quanto sei spericolata?
«Sono ordinata, precisa, metodica arrivo sempre puntuale, anzi in anticipo, la mia spericolatezza e follia riguarda qualcos’altro. Sono cresciuta mentalmente libera ed è quella la mia vera spericolatezza. Non faccio uso di droghe, sono matta nella mia normalità».
Come hai vissuto l’esperienza televisiva nella serie “Tutto può succedere”?
«È stata una scuola, venivo dall’esperienza di “Veloce come il vento” non ho mai frequentato scuole di recitazione, ho fatto delle masterclass sporadiche perché lavoravo. Tutto può succedere è stata una palestra, mi sono ritrovata sette mesi l’anno, per tre anni a lavorare a stretto contatto con dei professionisti e delle persone incredibili, che mi hanno insegnato tanto, non solo attraverso i loro gesti ma anche a livello umano. Gli insegnamenti appresi sul set non li avrei appresi in nessuna scuola di recitazione».
Sei anche una cantante talentuosa, a 16 sei entrata a far parte dei Rumba de Bodas?
«Ero la voce del gruppo, durante i cinque anni abbiamo realizzato un album e ci siamo esibiti dal vivo in Italia e in Europa. Poi, nel momento in cui mi sono resa conto di non farcela più a cantare, a causa di noduli alle corde vocali, ad un certo punto decisi di concentrarmi sulla carriera cinematografica. Questo però non vuol dire che abbia messo da parte il desiderio di registrare un album».
Dopo quanto tempo riesci a liberarti di un personaggio che hai interpretato?
«Dipende dall’intensità. Ad esempio, nel film drammatico Atlas di Niccolò Castelli, girato in Svizzera, ispirato ad una storia vera, il mio ruolo è quello di una donna sopravvissuta ad un attentato terroristico e che ha subito un forte trauma, l’unica sopravvissuta dei suoi quattro amici e che si porta dietro un’atroce sofferenza . Quando ripenso alla sua storia, mi viene ancora da piangere, mi sono rimaste dentro delle sensazioni covate nei quattro mesi impegnati per la preparazione del personaggio».
C’è un regista con il quale vorresti collaborare in futuro?
«Con il grande Xavier Dolan. Posso solo anticipare che il prossimo anno lavorerò con il regista italiano che stimo maggiormente e di cui non posso rivelare il nome. I miei desideri si stanno concretizzando».