Non enfatizziamo troppo il ruolo del disco nella società moderna. Alla fine un album non è altro che un cerchio di plastica con un buco. I dischi si dividono in: dischi e cd. Il disco, detto anche vinile, è nero, è più grande, ha il buco più piccolo e si sente meglio; ma fruscia. Il disco in questione però è un cd, quindi più piccolo, col buco più grande e non fruscia. Si chiama “L’album biango” ed è stato registrato e prodotto agli inizi del XXI secolo dagli Elio e le Storie Tese, insieme a Max Costa. Max Costa qualche anno fa ha ricevuto un premio come miglior batterista ai Latin Grammy Awards senza aver mai suonato una batteria in vita sua (per dire la forza di Max Costa). Perché l’avete intitolato “L’album biango”? Così. C’è chi dice che ci siamo ispirati all’album bianco dei Beatles, chi ci trova dei riferimenti all’albume dell’uovo cotto (perché quello crudo è trasparente), ma la risposta esatta è: “Così.” Una caratteristica dell’album biango è che se provi a scriverlo su un computer moderno diventa “L’album bianco”. Tu credi di aver sbagliato, invece è stato il correttore automatico. Allora tu lo riscrivi e scopri che “biango” è sottolineato da una linea rossa tratteggiata come a dire: “OK se proprio insisti scriverò “biango”, ma sappi che non mi è andata giù”. Non mi è andata giù? Ma che cazzo vuoi, correttore automatico di merda che continui a correggermi parole che non voglio correggere unicamente per cercare di giustificare la tua esistenza, ringrazia Dio che non riesco a disattivarti. Su questo “L’album bianco” c’è poco altro da dire, se non che è colmo di ospiti straordinari come Area, Eugenio Finardi, Nek, Vittorio Cosma, Fabio Treves e che è costato molta molta tanta fatica agli Elio e le Storie Tese i quali in più di un’occasione, mentre lo stavano registrando elettronicamente, si sono guardati e si sono domandati: “Ma cosa stiamo facendo?”
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