Incontro con Maurizio De Giovanni: «il romanzo L’equazione del cuore diventerà un film»

Da qualche giorno è nelle librerie l’ attesissimo romanzo del prolifico Maurizio de Giovanni dal titolo L’equazione del cuore (Ed. Mondadori, pagine 242).

Questa volta non si tratta di un noir, non c’è nessun assassino da assicurare alla giustizia e non ci sono i personaggi che hanno reso famoso lo scrittore napoletano, ex bancario, classe 1958: i Bastardi di Pizzofalcone, Mina Settembre, il Commissario Ricciardi, Sara. Il protagonista del romanzo si chiama Massimo Del Gaudio ed è un ex professore di matematica in pensione, vedovo, che vive isolato su  un’ isola imprecisata. Anche i luoghi descritti da Maurizio de Giovanni questa volta sono diversi: non più Napoli con i suoi colori, profumi, sapori ed atmosfere ma un’ opulenta  città del Nord dove la neve cade lenta e le persone per  strada  camminano svelte,  intabarrate nei loro cappotti senza dare confidenza a nessuno. Ma ecco che il destino cambia le carte nel gioco della vita. Il professore deve lasciare la sua isola e recarsi al Nord perché sua figlia e suo genero sono morti in un incidente stradale e lui deve occuparsi, in qualità di unico parente , del nipotino Checco di nove anni.  E, controvoglia il professore si dispone a raccontare al nipote come sa e come può la sua matematica, la fascinosa armonia dei numeri».

Noi di Mydreams abbiamo seguito un incontro  via streaming con Maurizio de Giovanni per Connessioni, organizzato dalle librerie UBIK.

Numerose le domande rivolte all’autore.

Da dove hai tratto ispirazione per questo nuovo romanzo?

«Ben 12 anni fa mi sono imbattuto in questa storia che desideravo tanto raccontare perché può essere descritta da quella che  chiamano l’equazione dell’amore ovvero l’ equazione di Dirac. (N.d.r. Paul Dirac 1902-1984-Premio Nobel per la fisica 1933.Tale equazione descrive il fenomeno dell’entanglemen quantistico: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade ad uno di loro, continua ad influenzare l’altro anche se distanti chilometri di anni luce”). Questa equazione spiega che quando incontriamo qualcuno tutto rimane inciso sulla pelle dell’anima. Questa storia è maturata dentro di me ma avevo timore delle reazioni dei miei lettori : ambientazione in una città del Nord Italia, personaggi diversi e più distaccati e che puntano alla ricchezza, un gelo del cuore. Anche per me non è stato facile lasciare andare le mie zone di conforto durante la scrittura: Napoli, i miei personaggi collaudati, il noir. É una storia bella ma tutta in salita, molto faticosa».

Come è stato allora per te calarti in una realtà così diversa anche geograficamente?

«Sentivo l’urgenza, la necessità di andare in un altro luogo dove gli interessi economici sono enormi e vengono prima di ogni altra cosa  anche dei sentimenti. Massimo, il protagonista, si ritrova a cavalcare una situazione difficile ed improvvisa. Non è stato facile scrivere la storia dal suo punto di vista perché sono molto diverso da Massimo. Viviamo in una strana epoca: pensiamo di essere sempre connessi ma viviamo in solitudine. Siamo tanti avatar  e fingiamo spesso di essere quello che non siamo. Prima le cose venivano vissute collettivamente. Oggi no. Oggi siamo quello che vogliamo apparire. Soprattutto nelle città di provincia è così».

All’ inizio del libro un ex alunno va a trovare il professore e lui chiede: “Perché mi dovrei ricordare di te?”

«Questa domanda ci fa comprendere il carattere burbero e solitario di Massimo da cui scaturisce questa riflessione: la scuola deve recuperare il valore dell’ unicità di ogni allievo. Siamo ancora pieni di pregiudizi e li trasmettiamo anche alle nuove generazioni. Uno dei tanti è il concetto di vittoria: se non riesci ad essere il primo sei un perdente. Ma non è affatto così. Ognuno di noi è imperfetto. Massimo afferma che il caos è vita, l’irregolarità è vita pur se non perde tempo a sorridere, ad accarezzare».

Cosa c’è di te in questa storia?

«Penso che io non devo mai comparire nelle cose che racconto. Il lettore da me si aspetta delle storie ed io gliele racconto e basta mettendoci tanto impegno, tanta passione. Trovo più emozionanti le storie degli altri che le mie e devo dare risalto ai personaggi che non tradirò mai».

Cosa legge Maurizio de Giovanni? Quali libri ci sono nella tua biblioteca personale?

«I classici, libri scritti da amici, fumetti. Ken Follett e Steven King. Io non possiedo i miei libri. La mia libreria è l’album fotografico della mia anima».

Secondo te in Italia i giovani preferiscono le materie umanistiche a scapito di quelle scientifiche?

«Penso proprio di si. Ma tutto è matematica e Massimo parla di scienza al suo nipotino in coma. La matematica regala e spiega le leggi dell’ esistenza e ci consente una visione d’insieme».

Pensi di scrivere un altro romanzo con protagonista Massimo Del Gaudio?

«Mi affeziono ai personaggi di cui scrivo. Gli autori tendono ad essere seriali perché ciò fa comodo  ma sono i lettori  stessi a chiedere altre storie con gli stessi personaggi. Ma questa volta non lo farò».

Quali sorprese ci riservi in un prossimo futuro?