Il Teatro Bellini di Napoli ospita fino al 1 giugno Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo e Franca Rame, regia di Antonio Latella con: Caterina Carpio, Annibale Pavone, Daniele Russo, Edoardo Sorgente, Emanuele Turettta. La drammaturgia è di Federico Bellini, le scene di Giuseppe Stellato, i costumi di Graziella Pepe realizzati presso il Laboratorio di Sartoria del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, le luci di Simone De Angelis e le musiche di Franco Visoli.
E’ una delle commedie più note della coppia Fo-Rame e venne rappresentata per la prima volta il 5 dicembre del 1970 a Varese. Il titolo fa riferimento alla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli avvenuta nella questura di Milano il 15 dicembre del 1969, cadendo dalla finestra del quarto piano durante un interrogatorio . Pochi giorni prima c’era stata quella che gli storici chiamano la strage di Piazza Fontana ovvero un attentato terroristico all’interno della sede della Banca dell’Agricoltura che causò 17 morti e 88 feriti. L’interlocutore di Pinelli era il giovane commissario Luigi Calabresi che verrà ucciso il 17 maggio del 1972 da due militanti di Lotta Continua.
Le rappresentazioni vennero ostacolate da numerosi tentativi di censura e Fo subì minacce, denunce e processi. Eppure il testo è basato su documenti autentici: verbali, interrogatori, inchieste giornalistiche provate e documentate che denunciavano le cause e le radici politiche di quegli attentati mai del tutto chiariti. A distanza di anni possiamo affermare che il movimento anarchico ha dovuto sempre subire attacchi per la presunta carica di pericolosità sociale e una repressione feroce e violenta perché percepito come capro espiatorio preferito. (Vedi Sacco e Vanzetti condannati in America alla sedia elettrica nel 1927).
La genialità di Fo e dello spettacolo presentato al Bellini risiede nell’aver preso a pretesto non la morte di Pinelli ma quella di un emigrante italiano volato fuori da una delle finestre del palazzo della Polizia di New York nel 1921 trasformandolo in un Matto che irride al potere scegliendo tutte le caratteristiche di una maschera che rimanda alla commedia dell’arte e che gli offre la possibilità di assumere ruoli ed identità diverse.In questa commedia più che in altre, scritta a ridosso del capolavoro Mistero buffo, la motivazione fornita dagli accademici svedesi per l’attribuzione del Nobel a Fo nel 1997 ovvero “perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi”, è più presente che mai. Infatti il Matto può permettersi lo sberleffo satirico ed il gusto del grottesco per evidenziare l’incapacità del potere costituito nel ricercare la verità nel mare magnum delle menzogne e delle evidenti contraddizioni e depistaggi.
Una grande outline body è posizionata sulla platea che accoglie gli attori. Ciascuno di essi, eccetto il Matto e la giornalista , porta sulle spalle un altro personaggio realizzato come un fantoccio. Sul palcoscenico a mò di piramide sono posizionate alcune poltroncine rosse sottratte alla platea dove prendono posto altri spettatori ai quali, nel secondo tempo, saranno dati berretti da poliziotti,diventando testimoni delle vicende narrate. Ed ecco che entrano i protagonisti e da subito gli spettatori vengono trascinati nel vortice di una verità inafferrabile, sugellata dalle conclusioni surreali del giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio che, riaprendo il caso nel 1971, escluse sia il suicidio che l’omicidio e che Pinelli era morto a causa di un malore attivo che lo avrebbe fatto cadere accidentalmente dalla finestra.
Daniele Russo dà vita al Matto esaltandone la complessa e sfaccettata personalità istrionica. Satira, dramma, ritmo incalzante, affabulazione si mescolano sapientemente mostrando la maturità di un attore che ci ha già regalato interpretazioni cult, una su tutte: Jennifer.Gli altri attori non sono da meno giocando i loro ruoli in modo egregio, sostenuti da un chiaro disegno della regia. Li ricordiamo tutti per uguale bravura:Annibale Pavone (il Questore), Edoardo Sorgente (commissario Bertozzo e secondo agente), Emanuele Turetta (Commissario politico e primo agente), Caterina Carpio (la giornalista).
Antonio Latella nelle note di regia afferma:” Fo non era mai altro da sé, il suo modo di stare in scena e recitare consisteva nell’abitare la scena come totale atto anarchico; nessun personaggio per nascondersi o da interpretare, ma un continuo tentativo di fare nella non-interpretazione un fatto artistico, persino pericoloso”. Ad averlo oggi uno Zanni lucido e tagliente capace di mettere in riga un potere sempre più sfacciato e becero.