
© ivan nocera per teatro di napolii
Al Teatro Mercadante di Napoli è di scena Andrea Renzi in Serotonina, tratto dall’omonimo romanzo di Michel Houellebecq, con Rebecca Furfaro; adattamento e regia di Patrick Guinand; una produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale (repliche fino a domenica 11 maggio).
Uscito nel 2019, il romanzo Serotonina di Michel Houellebecq si impose subito come caso editoriale con 500.000 copie vendute, solo in Francia, in pochi mesi. Da anni Houellebecq, scrittore, saggista, poeta, regista e sceneggiatore considerato uno dei più rilevanti nomi della letteratura francese contemporanea, ancorché controverso, affascina il pubblico con la sua critica radicale del vivere nelle società post-moderne, offrendo una visione distopica del mondo di oggi. La capacità di trasformare elementi autobiografici in finzione, qui particolarmente evidente, ha fatto parlare la critica di un nuovo genere, l’auto-fiction. Al centro della narrazione c’è Florent-Claude, ingegnere agronomo quarantaseienne, lentamente consumato da un disastro esistenziale. Le pillole di serotonina, l’ormone della felicità, sembrano avere su di lui scarso effetto, quando ritrova un compagno di classe che è diventato allevatore. Al termine di una lunga sequenza di disperazione degli agricoltori di fronte all’assurdità della politica agricola europea, di inevitabili manifestazioni e scontri armati con la polizia, l’amico ha finito per suicidarsi. Florent-Claude, invece, ha deciso di continuare a vivere, anestetizzato dal farmaco che, tramite vividi ricordi, gli fa ripercorrere le tappe fondamentali della sua vita attraverso le figure delle tre donne per lui più importanti…
«Appena lessi il romanzo – ricorda Guinand – con la sua struttura narrativa vicina all’auto-fiction, subito mi sembrò ideale per essere portato a teatro. Così come, a suo tempo, avevo potuto adattare per la scena Il nipote di Wittgenstein, dopo un incontro intenso con Thomas Bernhard, qualche anno prima della sua morte. Houellebecq, demolitore di tutte le menzogne delle nostre società contemporanee, ha dichiarato in un discorso a Salisburgo la sua grande ammirazione per Thomas Bernhard. Le loro opere si corrispondono. In più, in Houellebecq, c’è la crudezza del linguaggio di oggi, ma sempre permeato di umorismo. L’umorismo della distopia? Forse, per tentare di sopravvivere, nella corsa verso la felicità.»
Un salotto bianco è il luogo fisico e metafisico che Patrick Guinand, col suo scenografo Claude Santerre, immaginano come camera dei ricordi abitata e agita da Florent-Claude, uomo di mezza età alle prese col bilancio della sua vita. Lo spazio scenico bianco e asettico si accorda con l’atarassia indotta dal farmaco sul paziente, nei cui panni troviamo un disinvolto Andrea Renzi che, con raziocinio e lucidità, ripercorre le tappe di uno sprofondamento psicologico nel mal de vivre, senza rinunciare a momenti di gustosa ironia. Più limitato il contributo della pur brava Rebecca Furfaro, nei ruoli delle sue tre ex fiamme. Degna di nota la colonna sonora della pièce che spazia da Old Man di Neil Young a Ummagumma dei Pink Floyd e Child in Time dei Deep Purple. Spettacolo profondo e convincente, nonostante la durata (due ore) forse eccessiva per un monologo, ma necessario perché, per dirla col regista, «per sapere dove stiamo andando e come vivere non ci resta che ascoltare questi apripista della coscienza, che parlano o scrivono, per compensare la cecità del mondo.»